Monday, April 23, 2007

Il rito

Rito, forma, kata.
Questo a' dunque il primo passo verso la fine di una vita estetica?1
Dopo il rifiuto di ogni struttura teoretica e sociale preesistente, dopo il fallimento della ricerca dell' assoluto, dopo il tentativo fallito di coniare una metafilosfia che inquadri questa situazione, dopo un nichilismo ed esistenzialismo disperato, dopo un rifugiarsi nella decostruzione della realta nel senso ironico Rortyano abbiamo decisamente abbassato il nostro tiro.
Non piu' dunque l' universo, ne' il mondo, ne' noi stessi nell' eternita', ma solo noi stessi ora, strettamente inquadrati in un panorama quadridimensionale che evolve caoticamente.
Nessuna tragedia per carita': basta saperlo.
L' introduzione del rito ben si inquadra anche in un interpretazione kierkegaardiana degli stadi della vita scevra pero' della carica religiosa della quale il filosofo danese fortemente risentiva. L' inizio della vita etica successiva alla noia e alla disperazione che una protratta vita estetica comporta concide con la creazione di forme ad uso e consumo del nostro ego. Kierkegaard, figlio del suo tempo risentiva ancora di influssi religiosi - al tempo la filosofia era ancora al punto post-kantiano in una ricerca dell' assoluto come cosa in se - ed e' quindi comprensibile il rifugiarsi nella religione da parte sua. Ma l' analisi psicologica e' azzeccata. Ovvero la fine della vita estetica richiede all' uomo nuovi valori ai quali aderire, richiede cioe' all' uomo "di non essere piu' eccezione ma di annettersi ad una qualche forma"; dopo il rifiuto di una metafilosofia e' l' accettazione della realta in senso costruttivistico-postmoderno e' evidente che una cosa del genere non e' pensabile ed ecco quindi la parziale consolozione nell' introduzione del rito.
Un rito che viene introdotto non piu' come un innalzamento verso (D)dio o anaelante comunque una spiritualita artificiosa, bensi un rito come strumento che l' uomo dona e se stesso e in grado di rendere luogo di culto la propria stessa coscienza. Mi spiego meglio.
La forma che andrebbe a costituire il rito altri non sarebbe che l' espressione della piena volonta' di affermazione di se stessi. Edificando il rito ed entrandovi poi come protagonisti attivi noi eleggiamo noi stessi ad un automiglioramente consapevole che viene prodotto all' interno del rito. Non automiglioramento come aberrazione pre-nichilistica bensi un automiglioramento consistente perche' consapevole e quindi resistente a qualsiasi terremoto filosofico in agguato.
Per automiglioramento si ha da intendere i raggiungimento dei propri obbiettivi in modo attivo e determinato anche se non necessariamente con effettivo, ovvero appare chiaro che il fine ultime del rito e' donarci quell costanza e quella forza di volonta' della quale la morte di dio e della realta oggetto ci avevano privati.
Tale forma non necessita necessariamente di luoghi di culto fisici, una volta capitane l' essenza appare evidente che il luogo di culto per eccellenza diviene il proprio eremo mentale nel quale possiamo rifugiarci e donare a noi stessi la dedizione necessaria. Nell' esasperazione di questo passaggio si puo' intravvedere una sorta di meditazione nel senso che le filosofie orientrali suggeriscono, ma non e' esattamente cosi. Il fine del rito come detto non e' aprire la propria mente ( a meno che non si voglia proprio questo) ma come detto donare a noi la determinazione necessaria.
Possiamo introdurre riti per la conversazione, riti per il pensare, riti per il culto del proprio corpo e della sua occupazione spaziale.
Il rito non e' una forma precostituita ma un stanza protetta nella qualle possiamo trovare ni stessi in tutti i modi che vogliamo.
Nessuna regola se non capire in maniera viscerale di cosa sto parlando.
Eleggere inoltre se stessi a proprio luogo di culto corrisponde in un certo senso ad eleggere se stessi a "propri dei" e qui ritroviamo chiari i crismi di un superamento del nichilismo attraverso il superuomo tanto invocato da Nietzsche.
Sembra dunque che questa sia la strada gia' delineata in maniera implicita o meno da illustri filosofi che furono.
Non perdiamoci in bazzecole, iniziamo a pensare...

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