L'immensità
L’immensità ti assale con fame furibonda. Sapevi dell’esistenza
di quel posto, eppure te ne eri quasi scordato, tutto nascosto in un recondito
angolo della memoria, un angolo reietto alla quotidianità, un angolo superfluo
per il meccanico vivere ciononostante così scandalosamente fondamentale.
Il caso ha voluto che, senza volerlo, tu ritrovassi quel
posto: quando l’hai visto ti sei ricordato dell’immensità, insopportabile,
insostenibile, troppo bella per essere contenuta, troppo bella per essere
compresa, troppo bella per non aver voglia di piangere.
C’è stato un tempo in cui ogni cosa aveva dentro qualcosa d’altro.
Una canzone, un lamento, una speranza, una promessa, quasi un’anima; c’è stato
un tempo in cui la tua umana mente, discendente incosciente dell’illuminismo,
attribuiva un senso pratico a tutta questa bellezza, a tutta questa immensità.
Tu sai che il ricordo sfuma, armonizza, rende mitica e dolce
la sofferenza e sorvola sulla felicità. Tu lo sai o speri di saperlo. Sai di
certo che non puoi saperlo e quindi lo speri e basta. Alla fine il passato è
solo una sensazione e la felicità è qualcosa che sembra esistere solo in un ieri
incompreso quando era presente ed in un domani mai abbastanza vicino da essere
palpabile. E allora la felicità è solo dentro la tua testa ed è la tua mente
che decide dove collocarla. La felicità è solo una scelta. La cosa difficile è
che è una scelta difficile da fare coscientemente.
Ed allora ti abbandoni all'immensità. Il troppo spazio. E
ascolti, vedi, senti il mondo attorno
a te accadere. La natura, il tempo, il rumore del mondo, la percezione di una
spazio immutabile e profondo che permea e sovrasta invisibile ogni cosa da
sempre. Passi la maggior parte del tempo rapito da una insana dinamicità,
ovunque sei, dovresti, potresti, vorresti essere altrove: ed infatti con la
testa lo sei; perché devi, perché vi sei indotto, perché le cattive abitudine
attecchiscono in fretta, perché sei figlio illegittimo di un futurismo incauto.
Eppure esiste una saggezza le cui origini si perdono nella notte dei tempi che
ti dicono di vivere nel presente. Perché solo quello esiste. E solo li puoi
essere felice. Tu lo sai, o meglio pensi di saperlo, perché lo hai letto, perché
ricordi il concetto, perché intuisce il proselito in te, ma non comprendi
veramente, non riesci.
In questa immensità invece il presente è davvero tale. Ogni
cosa è dove deve essere, tu compreso. E non senti l’impulso di muoverti, di
pianificare, di guardare l’orologio, di controllare lo smartphone. Solo essere
qui, ora, contemplando qualcosa vecchio come il mondo che porta in sé un
saggezza antica e non fatta di parole. Gli alberi sono alberi e sono belli, l’erba
è erba ed è bella e così anche il cielo, gli uccelli, il sole, il fiume che
scorre in mezzo alla città, l’aria che ti accarezza tiepida e te stesso, ora.
Guardando giù ti ricordi che la natura che ti circonda, la
città più in basso, i palazzi storici, le vie, il fiume hanno ospitato milioni
di persone prima di te e milioni di persone ospiteranno dopo di te; non sono
tue, non lo sono mai state. Il mondo non ci appartiene, siamo noi che
apparteniamo al mondo: noi siamo solo degli ospiti. Ogni cosa è diversa da
questa prospettiva, ogni cosa sembra meritare più rispetto, ogni cosa sembra
nascondere una profonda e silenziosa saggezza senza tempo, un'anima saggia che
accoglie, osserva e tollera l’uomo come farebbe un padre amorevole con un
figlio dispettoso.
Quando un figlio intuisce l’amore dei genitori nel senso più
profondo del termine non può non soffrire di gioia perché ha toccato il
significato profondo del sacrificio della vita che si perpetua da sempre
affinché la vita continui; qualcosa di incomprensibile, di ingiustificato, di
arbitrario eppure così spudoratamente immeritato; ed è lì che inizia a
diventare adulto. L’uomo deve ancora diventare adulto. Il senso di un tempo e
di un mondo che ci ospitano amorevoli.
Chissà se verrà un tempo, un posto, dove le cose che contano
potranno essere fotografate, rivissute, rimembrate, tali e quali e come erano e
senza amarcord nostalgici: anche se forse sono proprio questi che le rendono
degne di essere rivissute. Ma in fondo ogni cosa è sempre stata dove doveva
essere, ovvero di fronte a noi, solo che non la vediamo. In fondo basta solo ricordarsi di guardare
ogni tanto l’immensità.